Dal diario di bordo…

Pubblichiamo un estratto del diario di Anna Valera scritto durante il viaggio in Mozambico tra Settembre e Ottobre 2010

29 settembre 2010 escolinha

Questa mattina io e Roberto andiamo a Napipine a visitare l’escolinha di suor Ligia, dove la prossima settimana dovrei andare a lavorare con alcuni bambini.

Alle 7.30 con Padre Riccardo siamo già sul posto e osserviamo con molta attenzione e interesse i bambini entrare. Padre Riccardo dice ai primi che arrivano: “Vamos a complimentar” (Non so se è scritto giusto) e così i bambini con un po’ di titubanza e remissività vengono a porgerci la mano. Ho trovato il gesto di una forza indescrivibile; vedere questi piccoli venire da noi, porgerci la loro manina senza dire niente, ma con gli occhi sgranati mi ha colpito profondamente. In questo porgere la mano, in questo atto di accoglienza fatto da bambini dai 3 ai 5 anni sta forse il futuro del Mozambico. Voglio sperarlo, voglio crederlo.

E’ un saluto che non mi aspettavo e che mi fa ben pensare, che mi solleva dal peso di quello che si vede lungo le strade della città di Nampula, nelle campagne di Marrere, dove regna la miseria. Questi bambini con gli occhietti vispi, con una grande curiosità e una gran voglia di comunicare forse riusciranno domani a condurre il Mozambico fuori da questa miseria. Lo so che usciti dal cancello, che li separa dalla giungla della città, questi bambini non hanno situazioni felici, eppure qui, mentre più tardi li osservo, seduti su stuoie, a consumare il loro pasto, non mi sembrano diversi dai nostri bambini. Anzi, l’ordine con cui vanno a deporre nella bacinella le scodelle e i cucchiai, mi conforta.

Possono e sanno imparare delle regole, così come sanno essere chiassosi e vivaci. E allora perché al di là del cancello regna il disordine? La città di Nampula è una vera e propria giungla: disordine e sporcizia regnano ovunque, così la escolinha di suor Ligia sembra un’oasi di pace.

7 ottobre 2010

Spesso mi capita di osservare le figlie di Miguel, il nostro cuciniere, giocare nel cortile della casa dei medici. Sono sempre sole, a volte hanno anche a carico la cuginetta Sara, di 1 anno. Ogni volta mi incanto a guardarle mentre giocano.

Fanno giochi con la sabbia o con l’acqua o giochi di imitazione, ad esempio una volta hanno preso un bastone e sbattevano la punta a terra imitando la loro madre quando pesta nel mortaio, un’altra volta si sono fatte delle acconciature con della stoffa, che hanno messo prima in testa e poi hanno avvolto la cuginetta in una di esse e Susanna, la più grande, s’è fissato il fardello sulla schiena e se lo portava in giro. La maggior parte delle volte sono a piedi nudi e con la terra si sporcano dappertutto. Anche con l’acqua le ho viste che si divertivano a lavarsi nel lavatoio che c’è nel cortile. Si lavavano vestite, insaponandosi dovunque e Pietade, la più piccola, con le mutande in mano si puliva il naso che è sempre sporco.
Mai una volta in queste occasioni ho visto la mamma sorvegliarle, uscire di casa per controllarle, intervenire, farsi vedere, far loro degli apprezzamenti o dei rimproveri. Sembrava quasi non esserci, eppure era là, come una silenziosa presenza.

L’indipendenza di queste bambine mi ha colpito in modo positivo e mi ha fatto pensare ai nostri bambini che al contrario rimangono dipendenti a lungo. Susanna e Pietade e tutti gli altri bambini che ho visto giocare in Mozambico, a me hanno dato l’impressione di essere felici, forse per questa grande libertà che hanno. Spesso mi sono fermata a guardare con stupore i loro occhi vispi, intelligenti, capaci di difendersi fin da piccoli dalle insidie della natura, ma anche capaci di godere delle bellezze che hanno intorno. Anna

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